Artrosi: il paziente protagonista nella cura.

L’artrosi è una condizione comune e disabilitante che colpisce circa 250 milioni di individui in tutto il mondo e che ha importanti ripercussioni sulle persone in termini di disabilità e partecipazione sociale nonché sui sistemi sanitari nazionali che devono affrontare un sempre maggior costo di gestione e di cura. In questo contesto si evidenzia come la maggior parte dei pazienti con artrosi non ricevano cure efficaci di lungo periodo. L’artrosi è una condizione degenerativa che tipicamente viene affrontata con terapie sintomatiche senza una visione multidisciplinare del problema e l’elaborazione di strategie di cura attive e di prevenzione specifiche. Nell’ottica di un invecchiamento sempre crescente della popolazione è importante che determinate condizioni come l’artrosi vengano valutate in maniera sempre più approfondita e che il paziente, supportato da una rete di sanitari, diventi sempre più protagonista nella cura e nel mantenimento della propria salute.

Cos’è l’artrosi e cosa provoca?

L’artrosi è una malattia cronica che colpisce l’articolazione nella sua interezza, creando alterazioni e degenerazione delle strutture articolari quali: 

  • Cartilagine articolare;
  • Osso subcondrale (direttamente sotto la cartilagine);
  • Legamenti;
  • Capsule articolari;
  • Membrana sinoviale;
  • Muscoli periarticolari. 

L’artrosi può manifestarsi a livello di tutte le articolazioni del corpo, con un interessamento maggiore di ginocchia, mani e anche. Le articolazioni in carico (ginocchia e anche) sono le articolazioni che vanno incontro ad una degenerazione più marcata e che portano il paziente a richiedere primariamente un consulto medico.

Quali sono i segni/sintomi dell’artrosi?

Il dolore è il sintomo dominante associato a rigidità e difficoltà nei movimenti che limitano le attività della vita quotidiana. A questi si associano:

  • crepitii o scrosci articolari;
  • l’instabilità articolare;
  • il gonfiore;
  • la debolezza muscolare;
  • la fatica;
  • lo stress correlato al dolore.

A quale età si manifesta l’artrosi?

L’artrosi è una condizione comune dell’età adulta che già dai 40 anni di età può manifestarsi per poi essere presente nel 50% della popolazione oltre i 60 anni.

Quali sono i fattori di rischio?

I fattori di rischio principali per l’artrosi sono i seguenti:

  • Età: è sicuramente il più grande fattore di rischio per l’artrosi e ciò è dovuto ad una maggiore esposizione a condizioni patologiche concomitanti (comorbilità) e al cambiamento fisiologico delle articolazioni con l’invecchiamento;
  • Genetica: è stato dimostrato avere un contributo tra il 40% e l’80%, maggiormente per l’artrosi delle anche e mani che per quella delle ginocchia. 
  • Sesso femminile: incide maggiormente per l’artrosi alle ginocchia;
  • Obesità;
  • Traumi pregressi alle articolazioni;
  • Malformazioni congenite delle articolazioni (es: displasia dell’anca, coxa vara, valga ecc..)
  • Lavori pesanti che comportano un eccessivo carico sugli arti inferiori: rappresentano un fattore di rischio per l’artrosi di anca e ginocchio, come anche sport di alto impatto come calcio, sollevamento pesi, maratoneti, ecc..

L’artrosi è associata ad altre malattie?

Esiste un’associazione tra l’artrosi e problemi cardiovascolari. La presenza di questi ultimi uniti ad altre condizioni croniche quali il diabete mellito è associata ad un maggior dolore e ad un peggioramento clinico importante nei pazienti con artrosi. La prevenzione e cura di queste patologie concomitanti risulta dunque importante nella gestione a 360 gradi del paziente artrosico. 

Come sono fatte le nostre articolazioni?

Un’articolazione è costituita dalla relazione di 2 superfici ossee che si articolano tra di loro permettendo un movimento specifico dato dalla forma dell’articolazione e dai muscoli che agiscono su di essa.

Nell’articolazione troviamo le seguenti strutture con le loro funzioni specifiche:

  • Cartilagine articolare o cartilagine ialina: riveste le superfici ossee articolari che vengono in contatto ed essendo liscia riduce l’attrito tra di esse durante il movimento;
  • Sinovia o membrana sinoviale: produce un liquido articolare oleoso che riduce l’attrito tra i capi articolari;
  • Osso subcondrale: osso che sta direttamente sotto la cartilagine ialina.
  • Capsula articolare: manicotto di tessuto fibroso che contiene le strutture articolari e dà una stabilità passiva all’articolazione e ne previene la lussazione;
  • Legamenti: sono tessuti, simili alla capsula articolare, che hanno la possibilità per il loro decorso di stabilizzare le articolazioni in direzioni specifiche.

Il movimento articolare è garantito da muscoli che possono originare e inserirsi in prossimità o a distanza rispetto all’articolazione.

Cosa succede in un’articolazione artrosica?

L’artrosi, come detto precedentemente, è una patologia che coinvolge  l’articolazione nella sua interezza provocando alterazioni strutturali della cartilagine ialina, dell’osso subcondrale, dei legamenti, della capsula, della sinovia e dei muscoli periarticolari. I processi patologici dell’artrosi coinvolgono fattori:

  • meccanici;
  • infiammatori;
  • metabolici;

che da ultimo portano a una distruzione strutturale e ad una perdita della funzionalità articolare. L’artrosi può essere anche vista anche come un’alterazione dei naturali processi di rinnovamento e distruzione dei tessuti articolari a favore di questi ultimi.

Cosa succede alle strutture articolari nell’artrosi?

  • Cartilagine ialina: durante il processo artrosico, la composizione della cartilagine cambia la sua struttura e perde la sua integrità. Queste alterazioni hanno ricadute sulle proprietà del materiale cartilagineo normalmente predisposto a ridurre l’atrito tra i capi articolari e a resistere al carico. L’aumento degli stress articolari ha come effetto l’erosione fino alla fissurazione della cartilagine e al deposito di calcio sulla superficie articolare (calcificazione);
  • Liquido Sinoviale: prodotto dalla membrana sinoviale, diventa più liquido e meno oleoso perdendo la sua naturale capacità di lubrificare le superfici articolari. Questo processo è accompagnato da l’ipertrofia del tessuto (aumento del suo volume) e dall’aumento della vascolarizzazione. Queste modificazioni sono alla base dell’aspetto più gonfio delle articolazioni artrosiche soprattutto nelle fasi avanzate.
  • Osso subcondrale: a questo livello il rimaneggiamento osseo è aumentato. Questo rimodellamento dell’osso, fatto di lesione e successiva riparazione del tessuto, è associato con lo sviluppo di lesioni sub-condrali (es: cisti). Ai margini articolari si sviluppano delle iper ossificazioni che prendono il nome di osteofiti e sembrano prolungare il margine articolare. Gli osteofiti sono una conseguenza di reazioni infiammatorie e anomalie nella cinematica dell’articolazione.
  • Muscoli periarticolari e non: il circolo vizioso dell’artrosi (dolore – riduzione del movimento) ha come conseguenza una perdita di tono e trofia dei muscoli che agiscono sull’articolazione quindi riducendo di fatto la forza e il sostegno dell’articolazione stessa. Viene dunque alimentato lo stress meccanico sul distretto e le stesse alterazioni muscolari e delle loro fasce possono essere fonte di dolore per il paziente.

Come si fa una diagnosi di artrosi?

La diagnosi dell’artrosi è essenzialmente clinica e può essere supportata da esami ematochimici e radiologici che definiscono e quantificano il danno strutturale. Il dolore, la rigidità mattutina e limitazioni funzionali sono sintomi comunemente riportati mentre segni clinici sono crepitii articolari, movimenti limitati o dolorosi, gonfiore articolare e allargamento osseo.

Per gli esami ematochimici i valori alterati possono essere : 

  • Fattore reumatoide;
  • Anticorpi anti peptide ciclico citrullinato (anti-CPP);
  • Emocromo completo;
  • Velocità di eritrosedimentazione (VES);
  • Proteina C reattiva;
  • Valori della funzionalità renale ed epatica.

La presenza di valori ematici alterati giustificherebbe una componente infiammatoria più importante, definendo una condizione artritica (infiammatoria) dell’articolazione.

Per l’esame radiologico è da preferire l’esame radiografico per indagare le deformità ossee dell’articolazione ma in una fase iniziale o a seconda del caso è possibile utilizzare anche un esame di risonanza magnetica.

Una valutazione iniziale dovrebbe inoltre includere un’anamnesi completa e le eventuali influenze della condizione del paziente su tutte le aree della sua vita (relazione, occupazione, tempo libero, sonno, ecc..). 

Quali sono le terapie per l’artrosi?

Le terapie per l’artrosi sono divisibili secondo 2 approcci:

  • Approccio conservativo: terapie che intendono preservare l’integrità dell’articolazione. Essi sono:
    • Terapia farmacologica;
    • Fisioterapia (Terapia manuale, Terapie Fisiche, Esercizio Terapeutico);
  • Approccio interventista: comprende interventi chirurgici di varia natura sull’articolazione (artroscopici o protesizzazione).

Tutte le terapie hanno lo scopo di ridurre i sintomi e migliorare la funzionalità. Tuttavia nessun approccio esclude l’altro e il percorso terapeutico andrebbe strutturato da personale sanitario esperto. L’approccio conservativo è da preferire inizialmente nella cura dell’artrosi.

Quali sono i farmaci per l’artrosi?

Tra i farmaci maggiormente raccomandati per gestire il dolore nell’artrosi ci sono:

  • Paracetamolo e i farmaci anti infiammatori non steroidei (FANS). Anche se entrambi sicuri come farmaci è importante considerare la dose terapeutica dei singoli farmaci e preferibilmente utilizzarli per un periodo di tempo limitato alla più bassa dose possibile. L’iniezione intra articolare di corticosteroidi è raccomandata per le anche e le ginocchia in pazienti artrosici che non hanno risposto ad analgesici orali o topici. 
  • Antidepressivi: vengono suggeriti per la gestione del dolore con effetti avversi ridotti.
  • Infiltrazioni articolari di acido ialuronico: l’uso è controverso nell’efficacia di lungo periodo tuttavia clinicamente è possibile assistere in molti casi ad un miglioramento sintomatologico importante e senza gli effetti avversi dei farmaci corticosteroidi. L’acido ialuronico, naturale componente delle cartilagini articolari, fornirebbe un miglior nutrimento per le cartilagini articolari sofferenti dell’articolazione artrosica, migliorandone l’ambiente articolare. L’utilizzo di integratori per via orale di glucosamina e condroitina hanno dimostrato invece una bassa efficacia nel migliorare la funzionalità dei pazienti artrosici.

Quali criticità nell’approccio farmacologico?

Molto spesso si tende a presentare o valutare l’approccio farmacologico come l’unico attuabile per l’artrosi. L’utilizzo dei farmaci è economico e comodo per il paziente ma la sua efficacia è limitata nel breve periodo e dovrebbe essere utilizzato solo nei periodi più acuti della malattia. Inoltre non esistono al momento farmaci di comprovata efficacia che possano interrompere la progressione della malattia e quindi in grado di modificare tutte le conseguenze della degenerazione articolare. In un approccio conservativo efficace è necessario combinare l’approccio farmacologico ad altri tipi di interventi.

A cosa è dovuto il dolore nei pazienti artrosici?

Nei pazienti con artrosi il dolore è sicuramente il sintomo più disabilitante ed il motivo di richiesta di un intervento di tipo sanitario. Il dolore e gli altri sintomi associati dipendono in parte da:

  • Fenomeni di sensibilizzazione periferica: cambiamenti strutturali dell’articolazione;
  • Fenomeni di sensibilizzazione centrale: credenze personali sulla malattia, attitudini caratteriali e contesti sociali che portano il dolore a diventare una vera e propria esperienza del tutto personale in termini di intensità e caratteristiche. A dimostrazione di questo basti pensare che non esiste una correlazione diretta tra il dolore provato da una persona e le alterazioni strutturali riscontrate da un esame radiografico o di risonanza magnetica, se non in casi molto avanzati. In parole più semplici, nessun clinico guardando solamente un esame radiografico di un’articolazione artrosica potrebbe affermare con certezza l’intensità e le caratteristiche del dolore provato dal paziente in esame. Fattori personali come un’indole maggiormente depressa o il vivere in un contesto sociale nel quale la persona con problemi non riceve il giusto supporto potrebbe aumentare in maniera significativa la percezione del dolore anche in presenza di lesioni moderate dell’articolazione.

La Terapia Manuale è utile per l’artrosi?

La Terapia Manuale è una specializzazione della fisioterapia, riconosciuta a livello internazionale, che mira alla valutazione, cura e prevenzione di tutte le disfunzioni dell’apparato muscolo scheletrico tramite un approccio manipolativo. Questo tipo di terapia comprende una serie di tecniche manipolative dei tessuti molli e articolari che vanno a migliorare lo stato funzionale degli stessi mettendoli nelle condizioni di esprimere al meglio le loro possibilità di carico/stress. La Terapia Manuale sulle articolazioni artrosiche si è dimostrata efficace nella:

  • riduzione del dolore percepito
  • nell’aumento dell’ampiezza del movimento articolare.

Ricordiamo infatti che tra le conseguenze dell’artrosi c’è la perdita di elasticità dei tessuti capsulari che possono portare ad una riduzione del movimento libero (freno passivo) ed essere non da ultimo fonte di dolore. Inoltre l’immobilità conseguente al dolore ha ripercussioni anche sui tessuti muscolari e fasciali che lavorano sull’articolazione. Essi vanno incontro a fenomeni di ipotono/trofia e densificazione fasciale e possono essere fonte di fastidio e dolore. Per tale motivo non è infrequente trovare nei pazienti artrosici adattamenti posturali antalgici che non permettono una mobilità efficiente. Per la nostra esperienza l’affiancamento di questo tipo di terapia in una fase iniziale del trattamento, unita eventualmente all’utilizzo di terapie fisiche specifiche sui tessuti adattati possono facilitare il lavoro attivo successivo da parte del paziente. 

Che cos’è la valutazione differenziale in fisioterapia?

La valutazione differenziale in fisioterapia è quel processo che tramite la somministrazione di test clinici validati e specifici è in grado di determinare quale tessuto sia più coinvolto nel disturbo lamentato dal paziente. In questo modo è possibile suggerire una terapia personalizzata per potenziare le capacità e le funzionalità articolari.

Bisogna precisare che le attività terapeutiche proposte non modificano lo stato dell’articolazione: l’artrosi rimane, ma il dolore si riduce e la funzionalità dell’articolazione nella vita di tutti i giorni migliora.

Le terapie fisiche funzionano nell’artrosi?

Le terapie fisiche (Tecar, Laser e ultrasuoni, ecc..) sono dei macchinari in grado di erogare energia ai tessuti sotto diverse forme. Queste apparecchiature possono essere utili nella gestione del dolore artrosico e nel miglioramento della funzionalità articolare e muscolare ma il loro utilizzo dovrebbe essere sempre preceduto da una valutazione differenziale del problema del paziente e collocate all’interno di un percorso terapeutico strutturato. Raramente possono avere un effetto duraturo nel lungo periodo.

Qual’è una credenza comune nei pazienti artrosici?

Il paziente artrosico ha solitamente delle credenze sulla sua condizione (cosa provoca e cosa peggiora il dolore) che alimentano un circolo vizioso nella patologia. Una credenza comunemente diffusa è la necessità di preservare l’articolazione problematica da ogni tipo di sforzo e quindi limitare i movimenti. Tale credenza può rappresentare un ostacolo nel percorso terapeutico infatti un’articolazione artrosica è di base una struttura che nel tempo ha perso le sue capacità di essere stressata meccanicamente. Lo stare fermi non è allenante per il distretto; quello che occorre fare è tornare a muoversi gradualmente.

L’esercizio terapeutico è una medicina per l’artrosi?

La cura dell’artrosi necessita di un approccio multidisciplinare e personalizzato in base alle singole esigenze del paziente e a quelle che sono le conseguenze proprie della malattia sul singolo individuo.

L’esercizio terapeutico è una medicina personalizzata che, prescritta da fisioterapisti specializzati, ha lo scopo di andare a lavorare su obiettivi specifici nel mantenimento e recupero di determinate funzionalità in diverse patologie dell’apparato muscoloscheletrico tra cui l’artrosi. Similmente ad un farmaco, l’esercizio terapeutico, non determina solo miglioramenti funzionali ma ha anche un ruolo nel controllo e riduzione del dolore percepito. Esso è dose dipendente come qualsiasi farmaco: nel momento della pianificazione della terapia è opportuno valutare con l’aiuto di un fisioterapista la dose terapeutica necessaria per avere dei risultati ottimali. Fare poco esercizio o se questo non è abbastanza stimolante potrebbe non portare ai risultati sperati; di contrario, un esercizio troppo strenuo avrebbe delle ricadute non solo sull’articolazione (infiammazione, irritazione) ma anche sulla propensione del paziente all’esecuzione di esercizi, generando paure immotivate. Questi ultimi sono gli unici effetti collaterali dell’esercizio terapeutico ma tali eventi avversi hanno una rapida regressione e non influenzano l’andamento della patologia.

Quali tipi di esercizi terapeutici ci sono per l’artrosi?

Gli esercizi terapeutici possono essere:

  • aerobici: con lo scopo di migliorare la performance cardiopolmonare; 
  • di resistenza: per aumentare la forza muscolare; 
  • di performance: per aumentare l’abilità nell’esecuzione di particolari gesti;
  • di stretching: per migliorare l’escursione articolare.

Il fisioterapista dopo un’attenta analisi delle capacità del paziente, dei suoi limiti e delle aspettative progetta un piano di cura e allenamento che abbia degli obiettivi reali calati nella realtà del paziente.

Perché è importante la supervisione di un fisioterapista nella cura dell’artrosi?

La supervisione iniziale da parte del fisioterapista è particolarmente importante per almeno due ragioni:

  • Permette al fisioterapista di regolare man mano la dose terapeutica dell’esercizio e l’esercizio stesso in base alle risposte individuali del paziente;
  • Rassicura il paziente sul dolore provato in quanto l’esercizio terapeutico non è indolore e i sintomi associati devono essere capiti, gestiti e mantenuti a livelli accettabili. Infatti è da tenere presente che il cambiamento a qualsiasi livello è sempre doloroso e deve essere graduale.

Scopo ultimo è fare in modo che il paziente, appresa la corretta strategia di gestione diventi autonomo nell’esecuzione degli esercizi utili per la sua condizione. La frequentazione di una palestra riabilitativa o meno potrebbe essere utile allo scopo. In alternativa, dotandosi di qualche strumento, è possibile eseguire la propria terapia a casa.

Come gestire i casi avanzati di artrosi?

Nei casi avanzati di artrosi, quando i risultati di una terapia di tipo conservativo non sono più validi nel controllare il dolore e nel garantire una funzionalità nelle attività della vita quotidiana è possibile valutare un intervento di protesizzazione che consiste nella sostituzione dell’articolazione ormai degenerata con una protesi. Quest’ultima è in grado di riprodurre la mobilità e il sostegno offerto dall’articolazione e soprattutto di ridurre in maniera significativa il dolore percepito. Le articolazioni di anca e ginocchio sono quelle maggiormente oggetto di questo tipo di intervento. Ne esistono di diversi tipi e sarà compito del medico ortopedico stabilire se il paziente è un candidato ideale all’intervento e che tipo di protesi impiantare.

A seguito di un impianto protesico è solitamente necessaria la riabilitazione della funzionalità distrettuale. 

L’impianto di una protesi è rischioso?

L’impianto di protesi o protesizzazione è una procedura molto frequente al giorno d’oggi ma, come tutti gli interventi chirurgici, presenta dei rischi dovuti alla natura invasiva della procedura stesso e all’anestesia. Inoltre complicanze postoperatorie anche se meno frequenti sono possibili come ad esempio trombo embolia venosa, infezioni, fratture peri protesiche, problemi neurovascolari, ecc.. L’evoluzione delle metodiche e dei materiali chirurgici hanno un ruolo importante nell’evitare tutte queste complicanze.

Ci sono difficoltà a recuperare la funzionalità dopo un’intervento di protesi?

Alcuni pazienti lamentano una difficoltà ad un recupero funzionale completo dopo l’intervento chirurgico. Escludendo problemi di natura chirurgica meno frequenti (malposizionamenti protesici, errori procedurali), è necessario tenere presente che l’intervento di protesizzazione va a sostituire solo una componente strutturale alla base del dolore del paziente artrosico. Invece i tessuti attorno alla protesi e i muscoli che lavorano sul distretto oggetto dell’intervento non vengono interessati:

 Posture antalgiche assunte prima dell’intervento, muscolatura debole, la stessa cicatrice post operatoria determinano adattamenti fasciali/ muscolari che possono portare a dolore non solo localmente ma anche a distanza. Le stesse articolazioni o distretti vicini al segmento operato possono risentire delle modificazioni che si sono create dopo l’operazione. Questo è il motivo per cui è possibile provare dolore per diverso tempo anche dopo un intervento di protesizzazione. Risulta dunque importante l’esecuzione di ginnastica pre operatoria per facilitare il recupero post intervento o meglio ancora aver mantenuto un approccio conservativo attivo verso l’articolazione che poi è stata oggetto dell’intervento.

In cosa consistono gli interventi artroscopici nell’artrosi?

Gli interventi artroscopici consistono nell’entrare all’interno dell’articolazione tramite strumenti di ridotto calibro per andare a intervenire in maniera selettiva sugli elementi articolari che possono essere causa di dolore. Da un punto di vista interventistico sono meno invasivi di un intervento di protesizzazione in cui si ha la completa sostituzione della struttura articolare. Gli interventi artroscopici possono essere suggeriti in caso di artrosi per rimuovere strutture articolari particolarmente danneggiate o infiammate che non migliorano con il trattamento conservativo. Tra queste ricordiamo l’asportazione di cisti (es: cisti di Baker), la rimozione della membrana sinoviale (sinoviectomia), la regolazione o l’asportazione meniscale per il ginocchio, regolarizzazioni osse per anca e ginocchio (es. interventi per conflitti femoro acetabolari, rimozione osteofiti, ecc..). Inoltre, sempre artroscopicamente, è possibile fare degli innesti di cellule mesenchimali a partenza dal tessuto adiposo del paziente per stimolare il nutrimento della cartilagine articolare. Tutti gli interventi sopra descritti hanno lo scopo di:

  • Ritardare un eventuale intervento di protesizzazione; 
  • Rallentare la degenerazione articolare; 
  • Migliorare il dolore e quindi la funzionalità distrettuale. 

Ogni intervento va valutato a seconda del caso con il proprio ortopedico di fiducia e comporta una riabilitazione successiva.

La cura dell’artrosi è un lavoro multidisciplinare

Tutte le strategie terapeutiche nell’artrosi (terapia farmacologica, fisioterapica chirugica) andrebbero sempre valorizzate all’interno di un team multidisciplinare costituito da:

  • Medico di base: è solitamente il primo professionista che visita il paziente affetto da artrosi ed è suo compito suggerire approfondimenti diagnostici e specialistici con lo scopo di arrivare ad una corretta diagnosi e dunque alla proposta di terapie appropriate. Essi inoltre gestiscono una comorbilità (disturbi cardiovascolari, pressori, diabete, ecc..) che se presente può rappresentare un ostacolo alla terapia dell’artrosi.
  • Reumatologo, Fisiatra e Ortopedico: medici specialisti con i quali il paziente artrosico può approfondire la sua condizione e ricevere la proposta di terapie farmacologiche e fisioterapiche idonee. L’ortopedico, essendo un chirurgo, diventa fondamentale qualora il trattamento conservativo dovesse fallire.
  • Fisioterapista: responsabile del trattamento conservativo attivo sul paziente, in particolare: 
    • Valuta costantemente i miglioramenti della la funzionalità articolare e muscolare;
    • Applica terapie attive e passive (manuali o fisiche) per il mantenimento della funzionalità nel breve e lungo periodo;
    • Si relaziona con i medici per la gestione del decorso della patologia;
    • Si occupa della riabilitazione successiva ad un eventuale intervento di protesizzazione. 

Il paziente deve essere correttamente informato dal personale sanitario su tutte le possibilità terapeutiche e diventare protagonista attivo della sua salute. Così facendo avrà bisogno di minor attenzione da parte del medico o di altri professionisti sanitari e graverà in maniera inferiore sul bilancio del sistema sanitario nazionale.

Conclusioni

L’artrosi è una condizione degenerativa e potenzialmente invalidante che colpisce maggiormente la popolazione anziana e che comporta un costo sociale e sanitario crescente. Purtroppo allo stato attuale non esistono cure efficaci nel bloccare la progressione della patologia ma esistono strategie valide per la cura del dolore e il miglioramento della funzionalità articolare. Per questi motivi è opportuno che nella gestione/cura dell’artrosi vengano coinvolti più professionisti sanitari per offrire un approccio di cura più completo, personale ed efficace nel tempo. Una particolare attenzione andrebbe rivolta alle cure fisioterapiche e in particolare all’esercizio terapeutico che rappresenta la miglior medicina per mantenere/aumentare la funzionalità delle articolazioni artrosiche, ridurre il dolore percepito e prevenire la disabilità.

Dott. Jacopo Galusi – Fisioterapista specializzato in terapia manuale, Osteopata D.O., Master ISICO.

Dott. Maxim Filippi Makarov – Fisioterapista specializzato in terapia manuale, Osteopatia D.O.

Related Posts

Leave a Reply